25 agosto 2011

Alla ricerca del bubbo globale
Alcuni concetti imparati dalla retorica ufficiale sono diffusi, intuitivamente corretti e assolutamente ragionevoli.

Ad esempio l'idea che con l'educazione tutti i popoli diventano ricchi, passano la fame e sono contenti è 1) scontata 2) intuitivamente corretta 3) profondamente razzistica 4) completamente sbagliata, come lo è una soluzione non in relazione con il problema.

Analogamente alcuni concetti in cui la soluzione intuitivamente corretta è controversa non possono essere oggetto della retorica ufficiale.

Ad esempio l'idea che una limitazione del numero di pampini attraverso una stretta pianificazione famigliare agevoli lo sviluppo dei popoli e la qualità della vita, mimando meccanismi antichi ma che tutti moderni possono anche essere fatti senza passare dalla morte per fame degli individui più deboli è 1) controversa 2) apparentemente razzistica 3) improponibile da chiunque politicante democratico 4) corretta.

Così lo stesso passa con l'idea che non esistono le frontiere, che tutti i bubbi sono bubbi e tutto.

Miravo a come i mangiatori di formaggi sono separati da quelli di gianduiotti di poco ma come è tutto profondamente diverso. Ma non è solo la lingua, che tanto non ci si capisce comunque, ma sempre più aspetti profondi di aspettative, paure e certezze, giusto e sbagliato che non sono condivisi o comuni.

E io stesso mi rendo conto di poter mangiare cena con soddisfazione dalle 18 alle 23, formaggi delicati o che si muovono dassoli, pani che sono vietati nella nazione accanto, e mille bubberie che non sono graduali ma che un metro sono così e il metro di mondo appena dopo sono diverse.

Eppure non può esserci il bubbo globale perché le cose profonde sono diverse fino ad essere opposte. Ci si può addattare o si può imitare ma non può che uno è sia così che il contrario ma contento.

Non si può considerare un ruolo su base sessita, un diffuso sentimento razzistico e anche il contrario oppure di trattare male i camerieri ma anche di trattarli bene oppure di essere convinto che non cè futuro e che niente serve per cambiare ma anche che cè un sogno condiviso e che solo il futuro conta.

Così forse è meglio così. Non cè il bubbo globale, ma globalmente il bubbo e la bubbità. Ed in questa bubbità globale cè che tutti, alla fine e a suo modo, sono bubbi, anzi

Troppo bubbi!