03 agosto 2011

Dalla pizza alle tapas
Quando rientrai tra le pizze dopo il soggiorno tra le tapas è vero pochissimi pizzaioli chiedevano di sapere comera (che io pensavo che tanti lo melo chiedessero), ma tra i pochi si aggirava una certezza: che la situazione economica delle tapas era critica. Allora dicevo di contare i pizzaioli disoccupati, cassintegrati e sottoccupati presenti nella rubrica del telefonino e di dirmi poi se siera capito che la crisi era già ben consolidata tra le pizze, nonostante la propaganda che ancora diceva di no.

Ultimamente vedevo che è arrivato che la colpa di tutto è l'oscura speculazione internazionale (un fenomeno talmente oscuro che nessuno si è mai curato di documentare in cosa consiste e chi la gestisce perché tanto non si capirebbe) ma che le pizze non sono assolutamente come le tapas.

Ora però ho visto che, cosa che gli esteri hanno sempre fatto, anche le pizze iniziano a citare "pizza & tapas" come povere vittime della oscura speculazione ma accomunate dallo stesso tragico destino che, ed è questo il cambio di retorica da notare, le accomuna.

Certo la retorica è lontana dalla realtà. Non ci sono oscure manovre e minacciosi stranieri che attentano i sacri confini ma le solite leggi brainless dell'economia per cui se chi si fa prestare dei soldi ha una probabilità più alta di fallire deve pagare di più. Non perché tutti sono bubbi e oscuri contro le pizze ma solo per ricompensare il maggior rischio di glielo presta cheppoi i pizzaioli non glielo ridanno.

Quindi dai tassi si calcola la probabilità di fallire e viceserva, percui l'unica possibilità per la retorica è di non dirlo comè e di agitare la minaccia oscura.

Ma è sempre bubbo e bello notare la vicinanzia tra i popoli che la retorica prima negava.

Comunitatis populi destinii, nihil soli in calamitatius.

Troppo bubbo!