04 febbraio 2011

Retoricus reyes
Tutto sommato mi sto abituando alla retorica contemporanea, nel senso che mi è facile capire i segnali di disagio quando è ora di cambiare nemici e amici. Il problema (per la retorica) si pone non tanto perché nuovi impresentabili diventano amici e vecchi amici non si riesce più a sostenerli, il che è naturale per una moderna democrazia, ma perché la retorica si fa un punto d'onore a sostenere che nulla cambia.

Così l'amico che ieri era criticato solo da una manciata di [NEMICI DELLA DEMOCRAZIA], oggi diventa un [ODIATO CAPO] che ha perso l'appoggio del beneamato popolo che invoca nuove elezioni.

E tutto il gioco della retorica stà nella scelta dei termini da usare per [NEMICI DELLA DEMOCRAZIA] e [ODIATO CAPO]. Già mi ero appuntato dei terroristi che diventavano più buoni, ma anche il capo fa la sua parte. Presidente, rais, dittatore, [SOLO COGNOME], sovrano, governatore, caciccio, capò, ecc. ecc. prendendo termini da epoche remote e da luoghi esotici ma senza poter mai cambiare il resto della frase.


Del resto uno che ti fa mettere su delle carceri segrete per torturare chi vuoi tu e a cui tu mandi una montagna di soldi, uno che ti lascia trafficare con quello che vuoi e in cambio vuole solo evitare critiche e ficcanaso come lo si dovrebbe chiamare?

O amico della democratura o bubbo. Ma forse è meglio dire
Troppo bubbo!