14 gennaio 2010

Spatium opus tempis signum
La conferenza di oggi era in una struttura che non avevo ancora visto. Non è nuovissima (è che non cero) ma è, soprattutto per chi la vede a distanza di anni dagli spazi precedenti, segno dei tempi. Sicuramente la più parte che hanno visto i tempi cambiare giorno dopo giorno non si accorgono dello stato attuale e non lo comparano con il passato.

Una volta i professoroni occultavano le loro seconde attività e società, tutti sapevano ma sembrava un po' male che uno che avrebbe dovuto occuparsi della limpida ricerca gestisse anche volgari fatture e interessi immediati. Inoltre gli spazi erano tutti pensati per il lavoro che ci si faceva. La sala riunioni aveva le caratteristiche della sala riunioni, gli uffici degli uffici e le fabbriche delle fabbriche.

Ora: i professoroni hanno le società, anzi se uno non ha almeno una società o non è almeno in un consiglio di amm.ne non è un professorone. Forse è in pensione, forse lavora solo in nero, forse si candida presto, ma qualcosa non torna. Gli spazi sono tutti vecchie fabbriche: supermercati, ristoranti, palestre, uffici, sale riunioni, teatri, uffici pubblici, ecc. una volta erano tutte fabbriche.

Non è solo un problema che le fabbriche e i bubbini che ci lavoravano non ci sono ma è anche che gli spazi non sono quelli giusti. La loro caratteristica è di essere estemporanei, è tutto provvistorio, scorrevole, cartongesso ma in una scatola di cemento e mattoni fatta per durare decenni.

E' bubbo il contrasto che nel passaggio da fuori dalla porta a dentro passi in mondi diversi e lontani. Incomprensibili ed invisibili a chi, fresco fresco, si aspetta che tutto, spazi e contratti lavorali, siano temporanei, estemporanei, propri del tempo.

Troppo bubbo!

4 Comments:

Anonymous Anonimo said...

la verità è che i professoroni usano il titolo per stare in cons. d'amministrazione o aprire uno studio privato: lo fanno per buon cuore, solo per condividere il loro sapere. Bubbo Bubbo, è solo per questo!

14/1/10 20:24  
Blogger Bubbo Bubboni said...

Sìsì è così. Ma una volta il sapere sembrava che volesserlo condividerlo solo con gli studenti.

A forza di fare il blabla sul collegamento tra scuola e industria ora c'è solo l'industria che fa scuola e la scuola che tratta i studenti come pezzi dell'industria, o chi grazie alla scuola si fa l'industria con sottoccupati low cost e queste tecniche di sfruttamento fanno scuola. Ah, quanti collegamenti!

Ma il bello è che è tutto palese ed approvato e non viene considerato immorale e bubbo.

Sembra quell'antico quadro allegorico del trionfo della bubbità svelato dal tempo e dalla scarsa memoria dei diritti e dei concetti.

In precarius temporum stabilitati casta rei magum consolidatio!

14/1/10 20:34  
Anonymous Anonimo said...

Per finire: pecunia non olet!

Non che c'entri, è solo per amore della cultura, però..

15/1/10 17:14  
Blogger Bubbo Bubboni said...

Pecunia oleum machinarium et pensamenti, Carus anonimus.

16/1/10 10:30  

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