02 aprile 2006

Il grande manager
Uno degli aspetti dove la "fine delle ideologie" ha colpito è quello dell'aspettativa che l'umile elettore ha verso il politico.
Oggi non ci si aspetta che il politico sia un condottiero verso un mondo migliore ma che sia un buon gestore di acquedotti, fognature, discariche, industrie, centrali elettriche, eserciti e parcheggiatori, ecc.
Per questo è di moda l'industriale politico e non più il nuovo non-politico (come dopo tangentopoli) oppure il politico intellettuale (come nell'antichità).
Gli attuali due soddisfano questa aspettativa? Sì, dimostrano quotidianamente la loro incapacità ma hanno tutta l'immagine necessaria.
Chiaro poi che sopprimere la parte ideologica (dalla comunicazione) significa pestare duro quando qualcuno si lamenta del disastro provocato dalle ricette economiche sballate e/o l'aiuto eccessivo agli amici.
Ma non si tratta più di pestare su base ideologica, si pesta per eliminare degli ostacoli gestionali, cioè si esercita con violenza una delle virtù del management. E' inevitabile ottenere l'approvazione della massa in queste situazioni. C'è poca democrazia ma non serve inquanto ideologica.
Tutto bubbo!

2 Comments:

Blogger atlantropa said...

Caro Bubbo,
mi domandavo appunto questo: che cosa vuol dire democrazia oggi?

Ai tempi dello stagirita era abbastanza semplice: il governo della maggioranza dei cittadini nel bieco interesse della maggioranza stessa - che poi a quello lì tale forma di governo facesse schifo, o che sull'altra mano Pericle la ritenesse antitetica ma preferibile al governo garante delle libertà, sono altri discorsi, che però non si fanno.

Ai tempi degli stagisti è intervenuto un lifting per adattarla ai nuovi standard di performance - come fa da sempre tale politico.
Una condizione necessaria per la nuova definizione è che i determinati stati democraturatici potevano continuare ad etichettarsi come tali, perchè mica possiamo permetterci di cambiare tutte le etichette, che sarebbe troppo costoso e magari sconcertante per i sudditi.
Però sfortunatamente quei determinati stati democraturatici sono tutti diversi tra loro; un po' come le diverse branche del cristianismo, dove c'è chi preferisce il papà, chi il bimbo, chi la mamma, chi il fecondatore eterologo di quest'ultima; lì c'è chi vuole un duce dotato di pieni poteri eletto da grandi bubbi eletti da piccoli bubbi su base federaldemografica, chi due duci che si compenetrano e litigano per chi fa il viaggio in medioriente, chi tanti piccoli bubbettini che convergono su qualcosa dopo un paziente lavoro di cucitura.
Così l'unica intersezione sembra essere il suffragio universale; che a ben guardare non è poi così universale; ma che soprattutto non va bene perchè se no certe volte che si vorrebbe esportare democrazia non si può più chè lì già c'è (si potrebbe ovviare esportando libertà, che è ancora più problematico da definire laddove ci sia uno stato, ma tanto meglio, no?).

Insomma, qui l'algoritmo diverge, e ciò è male, quindi ti chiedo: la democrazia è nell'occhio di chi guarda? o è una forma mentis? o è avere una radice giudaicocristiana? o è chi lo dice per primo, o a voce più alta?

27/10/08 03:29  
Blogger Bubbo Bubboni said...

Bubbamente penso che "democrazia" sia una parola il cui significato è tutto in chi la guarda.

I riferimenti del passato non servono più, per pigrizia non si è cambiato parola ma è come la pizzeria "Giulio Cesare": non aspettarti che ti servano la pizza dei cesari perché quello che piaceva allora oggi è incomprensibile.

Criticare la democrazia non si può perché chi lo fa è terrorista, però mi chiedo spesso se inventata la TV i democratici non avrebbero dovuto dire "e ora? Che facciamo? Qualcosa dobbiamo cambiare!"

Ma se si usa democrazia per pigrizia figuriamoci seppoi si adatta la pratica alle situazioni: meglio picchiare, manipolare, europeizzar* e dire che è democrazia, che non ci sono alternative e che chi non ci piace è terrorista cane.

27/10/08 09:40  

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