27 maggio 2008

Il bubbo felice
La nota definizione che la felicità del bubbo è un sentimento non mi piace tanto, ma non è del tutto sbagliata. E' un po' come per i miei appunti bubbici il cui significato è nella testa di chi eventualmente li legge e non (o non solo) nei tastini che preme il Bubboni.

Mi appunto qui che mi è capitata una cosa che è bella oppure brutta solo a seconda di come uno si sente. Inoltre si vede che per un bubbo sofisticato non basta solo avere la panza piena, come comunemente si crede.

Era tempo che volevo provare un ristorantino etnico (ma di un'altra etnia) vicino casa. Siccome si chiama tipo "ristorante oriental-asiatico" credevo che fosse una specie di supercino o un semijapu o qualcosa del genere. Il locale è piccolo e mi apsettavo che costasse tipo 10 euri maxmaxmax, almeno a pranzo.

Il Bubboni ha sempre avuto il difetto che nella ardua scelta tra un posto sicuramente buono ed economico e un posto "nuovo" sceglie il nuovo, cioè associa alla novità un valore così come nel web 2.0 se è bianco è meglio inquanto bianco.

Così prima di partire, per consolazione previa ad un giro tra le pizze, niente di meglio che ficcarsi nel ristorantino nuovo. E qui il duplice dramma.

Intanto minimominimominimo ci vanno 18 euri eppoi è buono. Ma buonissimo, con gusti, spezie strane, pastarelle croccantine mai viste, buonissimo. Non c'è neppure la scusa del servizio che è curato, ma è sicuramente il cibo che trionfa.

Così nasce il problema: essere felici per aver trovato un posto nuovo e buonissimo o essere infelici per aver trovato un posto buonissimo ma caro? Tornarci per festeggiare il prossimo rientro tra le tapas o non tornarci per risparmiare? Boh, scelta bubba.

Bubbitatis felix questio ignotum. Bubbonis panzam felicitati deo magnum et bonis. Bubbonis pecunia miserrimum conditionis servilum et escavo dolenti. Oh felix sine dolorem! Oh virtutes orientali dei panem!

Troppo bubbo!