15 agosto 2008

Senza confronti
I lager nazi non sono confrontabili con qualcosaltro. Bisogna vederli per capire le enormi dimensioni fisiche, la gestione della morte in modo organizzato, i modi di far soldi anche con i cadaveri e poi la distruzione delle infrastrutture e dei dati prima meticolosamente (o manicalmente?) raccolti.

Mi ha impressionato molto il linguaggio delle esposizioni, gli oggetti rimasti, i disegni dei sopravvissuti, le pochissime foto.

Mi ha colpito, tra mille storie di follia, la infinita piccolezza del bubbo che chiede un indenizzo per l'affitto non pagato da uno che era stato deportato nel lager (e quindi non aveva dato preavviso). E il bubbo sapeva il motivo della "scomparsa" dell'inquilino e l'unica cosa che gli viene in mente è farsi pagare un po' d'affitto dallo stato. Pochi mesi dopo la moglie del bubbo sarà rientrata nel piano di pulizia etnica organizzato dai vincitori (ah già! Siccome hanno vinto non si è mai chiamato così. Chissà se il bubbo affittuario avrà comunque capito che prima dello stato e dell'affitto viene l'essere bubbo tra bubbi).

E le storie delle brave ragazze, spesso contadine, che lavorano nel lager delle donne, che fanno sbranare i prigionieri dai loro amati cani, e via con orrori di ogni tipo e con le scampagnate la domenica.

E le fabbriche vicino ai lager che ci sono ancora adesso con lo stesso nome. Ma quale brand manager ti può far lasciare lo stesso nome di chi usava il lavoro schiavo e condannava a morte come se fosse una normale gestione del personale?

E le foto aeree dove si vedevano perfettamente i lager, enormi e ben distinti da una "normale" fabbrica o città. E quindi la scelta dei poi vincitori di non fare nulla.

E la tale chiesa che sapeva tutto e bene, ma che scelse consciamente di difendere il tempio di pietra e oro e non le vite umane. Sempre pronta ad approfittare dell'orrore, sempre incline ad assecondare i potenti, a sostenere il temporaneo e a lasciar morire quello che non perirà.

Un ordine solo apparente al fascio-bubbo di oggi e una corruzione morale senza precedenti nella già breve storia dell'umanità, altrimenti sarebbe stata ancora più breve.

Del linguaggio delle mostre quello che impressiona è la somiglianza con l'oggi.

Il nazi che vuole far cariera, quello che vuole accentrare le funzioni di altri uffici, quello che manovra l'organigramma esattamente come fa oggi il management di una qualsiasi grossa azienda. E la documentazione che, letta ora, evidenzia una miseria senza fine.

Le stesse parole, la stessa picolezza del bubbo che uccide per avere un numero migliore da dire al capo, i fondamenti della società multirazzista che poi sorse democraticamente decenni dopo, il fanatismo dei giovani e l'odio assoluto, totale e supremo di TUTTE le parti in gioco bellico verso gli antimilitaristi.

I lager si distinguono tra quelli che ci vanno le scuole dei regni democratici e quelli che non ci vanno per questioni logistiche o che c'è meno da "vedere". Quelli delle scuole hanno le svastiche (più o meno dritte) ovunque ci sia uno spazio codardo per inciderle, gli altri non ci sono. Così anni dopo si è capito chi aveva vinto, quale ideologia aveva davvero trionfato e chi aveva collaborato a questa più solida affermazione.

Ancora una volta si dimostra che con la guerra non si vince mai nulla. Per affermare gli ideali nazisti è stata molto più utile la democratura e la (cosiddetta) pace.

Troppo bubbo!