L'annuncio che un costruttore di cell sta per diffondere un nuovo ""standard" per la connessione wireless di auricolari è stata, come al solito, non commentata dai pennivendoli ricopiatori di comunicati stampa.
Tre i punti bubbi:
1) il costruttore si è stufato di pagare royalties ai detentori della tecnologia che verrà rimpiazzata dal nuovo ""standard". Ecco una driving force da non trascurare per capire il mercato wireless: i brevetti. Il fatto che uno standard sia gestito da un comitato non significa che non si paghino royalties. Quando non si può o non si vuole pagare bisogna tirar fuori il proprio ""standard"", sperando di non pestare i calli agli altri detentori di licenze in aree forzatamente affini.
2) lo standard precedente è troppo incasinato e nasce da un punto di vista bacato. L'idea degli allegri standardizzatori era quella di assorbire qualsiasi standard precedente, compresi i segnali di fumo, il codice morse e il telex. L'impossibilità di implementare tutti questi piccoli stack ha portato a un bel casino di compatibilità e interoperabilità tra i prodotti. E' proprio mancato un orientamento markettaro forte, così semplicità d'uso e sicurezza sono totalmente inesistenti. Facile per questo nuovo ""standard"" rimediare.
3) io il wireless short range non lo farei così comunque. A) le freq sono inutilmente elevate. Il portauricolare ce lo mette il bubbo utente ma non mi pare il caso di stuzzicare le cellule inutilmente. B) servono altre specs. Es. possibilità di connettere dispositivi diversi in contemporanea, trasporto dati per bei display, sicurezza (il pin ora è 0000 oppure 1234), niente stupidi accoppiamenti solo selezione-pin-fine. C) serve interoperabilità e caratteristiche chiare. Il marchio non serve a nulla se non è la sintesi di un set omogeneo di caratteristiche e se non tutela l'interoperabilità, come ha insegnato il WiFi.
Bah, speriamo bene. In ogni caso il nuovo ""standard"" parte da "numero terminali = 0", forse il famoso costruttore doveva svegliarsi prima.
Tre i punti bubbi:
1) il costruttore si è stufato di pagare royalties ai detentori della tecnologia che verrà rimpiazzata dal nuovo ""standard". Ecco una driving force da non trascurare per capire il mercato wireless: i brevetti. Il fatto che uno standard sia gestito da un comitato non significa che non si paghino royalties. Quando non si può o non si vuole pagare bisogna tirar fuori il proprio ""standard"", sperando di non pestare i calli agli altri detentori di licenze in aree forzatamente affini.
2) lo standard precedente è troppo incasinato e nasce da un punto di vista bacato. L'idea degli allegri standardizzatori era quella di assorbire qualsiasi standard precedente, compresi i segnali di fumo, il codice morse e il telex. L'impossibilità di implementare tutti questi piccoli stack ha portato a un bel casino di compatibilità e interoperabilità tra i prodotti. E' proprio mancato un orientamento markettaro forte, così semplicità d'uso e sicurezza sono totalmente inesistenti. Facile per questo nuovo ""standard"" rimediare.
3) io il wireless short range non lo farei così comunque. A) le freq sono inutilmente elevate. Il portauricolare ce lo mette il bubbo utente ma non mi pare il caso di stuzzicare le cellule inutilmente. B) servono altre specs. Es. possibilità di connettere dispositivi diversi in contemporanea, trasporto dati per bei display, sicurezza (il pin ora è 0000 oppure 1234), niente stupidi accoppiamenti solo selezione-pin-fine. C) serve interoperabilità e caratteristiche chiare. Il marchio non serve a nulla se non è la sintesi di un set omogeneo di caratteristiche e se non tutela l'interoperabilità, come ha insegnato il WiFi.
Bah, speriamo bene. In ogni caso il nuovo ""standard"" parte da "numero terminali = 0", forse il famoso costruttore doveva svegliarsi prima.
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