24 aprile 2006

L'antifascismo naturale
Ieri guardavo al mercatino dell'usato le antiche macchine da scrivere meccaniche (sono delle specie di stampanti con integrata una tastiera).
In uno dei primi uffici dove ho lavorato c'era ancora una targa "Ufficio Dattilografe" avvitata al muro. L'ufficio non c'era più, ucciso dalle prime stampanti da ufficio, dalle macchine da scrivere elettroniche e dalle fotocopiatrici, tuttavia la targa rimase per ancora qualche mese.
Il solo oggetto macchina da scrivere non è sufficiente per capire tutto il mondo che ruotava attorno a quel ferro: la carta carbone, la carta velina, la gomma blu, il mastice per pulire i caratteri, ma anche un certo modo di lavorare dove quello che si manda a battere a macchina è ragionevolmente utile e corretto.
La bozza, ad esempio, era la premessa per la tipografia, non l'indice più qualche appunto.

Qualche tempo fa ho ritrovato una grossa busta di carta con il mio nome come destinatario. Mi sono ricordato che, quando la mail e i docs elettronici non erano diffusi, ricevevo e scambiavo documenti cartacei. Già è facile da capire... ma la busta mi ha ricordato tutto il contesto di quel passaggio di documenti che richiedeva tempo e pianificazione. I docs arrivavano, ovviamente, tutti inisieme ma una volta sola. Se qualcosa mancava era un problema ben diverso da quello che dà un allegato mancante e la mail di scuse due secondi dopo.

Così per chi ha vissuto o è stato direttamente e personalmente in contatto con la resistenza è "naturale" l'antifascismo. Chi ha sentito il rumore delle bare che su slitte rientravano nei vari paesini di montagna, chi ha visto i partigiani impiccati a P.le Loreto (oggi si diffondono le immagini solo di chi ha ordinato quelle morti, nascondendo la spiegazione di quella che sembra una inutile crudeltà), chi conosceva pesonalmente le persone che oggi sono sostituite da lettere di metallo può essere antifascista in modo diverso da chi viene dopo.

A noi resta l'onere di leggere e di riascoltare i documenti d'epoca per capire un contesto che non è contenuto negli oggetti rimasti.

Mi colpisce anche come tanti partigiani erano giovani davvero (18-20 anni). Oggi fino a 30 anni si rientra tra i "giovani", per indicare una condizione senza responsabilità, quasi senza scelte, precaria e individualista. Allora 20 anni bastavano per scegliere, per giocarsi la vita per un mondo libero. Bubbamente rilevo che è molto diverso da un contesto in cui neppure Bubbo Bubboni può scrivere liberamente quello che gli passa per la testa, dovendosi comunque barcamenare tra problemi di copyright, soppressione della libertà di critica e assenza di tutele per il pensiero bubbo in quanto tale.

Siamo alla prima strofa della canzone "Una mattina di son svegliato...". Già, loro si erano svegliati.

3 Comments:

Blogger Bubbo Bubboni said...

Grazie per il link!

3/1/07 21:23  
Blogger atlantropa said...

Carissimo Bubboni,
qualche tempo fa lessi: ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione.

L'altra sera, invece, nel corso di tale dibattito televisivo, ad un certo punto un bubbo di media caratura - visto che poi lo facevano parlare meno di tutti gli altri - ha detto: non esistono morti di serie A e morti di serie B. (*)

E allora ho pensato a come il progresso ci evolve e ci fa del bene: chè oggi un bubbo non solo può ridere bubbamente di un qualunque pezzo da novanta grecoromulano per quanto era incredibilmente bubbo a pensare certe bubberie; ma anche può da solo ridire meglio un pensiero che un tempo era considerato complicatissimo con meno parole e molta più comprensione delle dinamiche di mercato.

Oserei dire: troppo bubbo!


(*) Il ragionamento poi si chiudeva con un appello a rispettare tutti i morti, siano essi di serie A o di serie B; il che sicuramente ha rafforzato non poco la fiducia dei telebubbini nazionalpopolari nel noto teorema.

1/11/08 07:07  
Blogger Bubbo Bubboni said...

La tecnica del rispettare tutti i morti è stantia, non credevo che la usassero ancora con soddisfazione in televisione!

E' proprio vero che dalla bubbità non ti salvi neppure nascosto in una fossa!

2/11/08 12:59  

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