Altra premessa è che io alabo solo il risultato fuori dal comune che si ottiene senza sforzo. A fare le cose con lo sforzo sono capaci tutti ma se uno è capace allora non fa sforzo (o non lo si vede). Corollario è che lo sforzo è da punire, perchè segno di mancanza di capacità o di esercizio, e solo il risultato è da alabare. Per questo lavori che uno può fare anche male o bene che tanto è uguale sono i più bubbi e sono riservati alle caste più elevate e agli attacchini di manifesti lettorali (che notariamente non spostano mai un voto, figuriamoci se vale come sono attaccati).
Ora mi dò conto dell'incredibile opportunità di mirare alla deindustrializzazione. Già lho detto, è una cosa che può capitare solo una volta nella vita e che nessun cantore di coorte potrà narrare per motivi chiari quanto oscuri.
Allora mi voglio concentrare sulla bubbità della distruzione del tessuto industriale non tanto nella propaganda e nel modo con cui il partito cerca di portare a termine il saccheggio, quanto su come il bubbo si situa difronte a fenomeni devastanti ma che, essendo bubbo, non capisce. E, come al solito, mirando a come nell'apparente male sia nascosto il bene e il bello dei valori profondi e bubbi.
Mapper riuscire a vedere qualcosa di nuovo occorre non avere immagini vecchie nella testa, come lo dimostra che larte moderna è ridottissima se l'iconografia è amplissima o che non si può mettere musica nuova in un mp3 già pieno.
Allora ho deciso di non leggere più ma sempre i blog, che già erano pochi, che miravo. Qualcosa perdo, certo, mappoi non troppo che tanto già non li capivo più da un pezzo.
Spero di ritovare così quella giocondità propria del bubbo che, essendo animale, capisce oltre i simboli e, soprattutto, oltre la sfissiante propaganda che tutto schizza e tutto riempie.
Così meno leggo, meno mi affanno accercare di capire, e più mi appunto della frenesia di questo momento istorico perdibilissimo ma irripetibile (e meno male che è irripetibile!).
Troppo bubbo!